La fede di Dio nell’uomo,
se erompe,
rende vero un uomo.
Allora il cuore
si accorda al battito di Dio;
lo spirito alla verità
e la bocca al Vangelo,
offrendo a Dio
la sostanza dell’uomo.
Domenico era quest’uomo.
Messaggero dell’amore di Dio,
portatore di sofferenza
e di speranza immensa.
Uragano e rifugio,
versava torrenti di pace,
nelle strettoie
delle mezze verità ovattate, delle convenienze mollicce
e degli ardori spenti.
Chi giaceva da tempo
nelle tenebre di sempre
vedeva la possibile
intrusione del giorno.
SIMONE TUGWELL
«MIO DIO, MIA MISERICORDIA!»
Un uomo nella notte. Non è vestito con un abito lussuoso dai bei colori e dai tessuti costosi; è vestito di lana grezza come i contadini e la povera gente degli altipiani dove vive di giorno. Quest’uomo passa la notte in preghiera. Alcuni fratelli lo sentono supplicare. Si esprime con immensa tristezza; ancora di più, l’angoscia e lo scompiglio vivono nel suo cuore. Si chiede e lamenta cosa ne sarà di coloro sui quali pesa la sventura del mondo. I frati testimoniano che la sua compassione si estendeva oltre i confini per abbracciare anche gli inferi. Cosa potrebbe essere più attuale nel nostro mondo dove l’inferno trabocca sulle nostre terre, con le sue disgrazie, la disperazione e gli orrori – per quanto tempo? La preghiera di Domenico è stata cantata con l’invocazione: “Mio Dio! La mia misericordia!” Queste parole sono un richiamo e un riconoscimento. Quando Domenico dice “il mio Dio”, non si rivolge al Dio dei filosofi e degli studiosi o al Dio delle religioni timorose. Per Domenico è ben diverso, quello rivelato nel Vangelo. La fede lo ha fatto entrare in un altro modo di vivere, uno in cui, per dire Dio, altre parole assumono un significato: le parole misericordia, compassione, amore, presenza, tenerezza, delicatezza… Sì, davvero, l’invocazione di Domenico, “Mio Dio, mia misericordia”, racchiude in sé tutta la novità del Vangelo.
In questa invocazione si manifestano due momenti. Prima di tutto, la chiamata riconosce che Dio ha l’iniziativa per la sua manifestazione e che si sta davanti a lui per ricevere ciò che dà, il perdono, la pace e la forza nei momenti di prova. Dire “la mia misericordia” significa riconoscere che tutto ciò che si ha è un dono, una grazia che impedisce ogni merito. Non è, tuttavia, stare davanti a lui come un bambino viziato. In effetti, dire “la mia misericordia” significa anche sentirsi responsabili. L’appello di Domenico è un invito ad agire e a far fruttificare la misericordia ricevuta in una vita segnata dal segno della generosità. Così Domenico ha dedicato i suoi giorni al servizio della vita. Si fece testimone della misericordia ricevuta; uscì per incontrare tutti. Si è fatto discepolo e apostolo di quel Gesù la cui vita è stata interamente donata all’annuncio del Regno di Dio. Gesù, che, come tutti sappiamo, ha guarito i corpi, lenito i cuori, liberato le menti e fondato comunità dove la fraternità era la parola d’ordine. Così Domenico (Dominicus) era veramente ciò che il suo nome latino implica: colui che apparteneva al Signore Gesù (Dominus), che si è assunto la responsabilità di distruggere il peccato del mondo.
I frati riferiscono che, dopo l’invocazione, Domenico nominò coloro che erano la fonte del suo dolore: egli chiese: “Che ne sarà dei peccatori? “Oggi, ahimè, la parola “peccatore” ha assunto un significato irrisorio, frutto di un senso di colpa infantile. In senso stretto, il termine indica la fonte dell’infelicità. Quindi la misericordia non è solo un pizzico di cuore, un brandello di emozione, come si vede in televisione. La misericordia è qui un principio di azione, di riflessione, di impegno risoluto, qualcosa di più della carità emotiva, ma la fonte di una vita impegnata al servizio degli altri, di fronte a bisogni urgenti. Questa azione richiede discrezione e impegno. La nostra carità deve essere attenta, riflettendo sulle disgrazie, gli effetti, le cause e le sequenze dei processi della vita, quelle che Gesù descrive nella parabola del giudizio dove appare l’elenco delle “opere di misericordia”, concludendo con “quello che hai fatto all’ultimo dei miei fratelli e sorelle, l’hai fatto a me”. La misericordia non è uno slogan per qualche settimana di quaresima, ma la fonte vivente della nostra vita: la condivisione della vita di Dio. Quale Dio? Dio nostro Padre, colui che ci ha dato la parte più intima di sé, lo Spirito Santo, lo Spirito d’amore.
Jean-Michel Maldamé