Marina di Ômura
(? – 1634)
laica domenicana, martire
Marina era originaria di Omura, nei pressi di Nagasaki in Giappone. In giovanissima età divenne terziaria domenicana emettendo i voti religiosi in forma privata. La sua amata patria fu ripetutamente attraversata da feroci persecuzioni contro i cristiani ed anche lei venne accusata di collaborazionismo con i missionari occidentali domenicani che ospitava. Le autorità seguirono le sue orme e nel 1634 fu arrestata. Confessò la sua fede e che la sua casa era un luogo di alloggio per missionari e cristiani. Fu sottoposta a vari tormenti: la portarono nuda per tutte le città della provincia di Ômura; Successivamente fu trasferita a Nagasaki e condannata ad essere bruciata viva, insieme ai santi Jordán Ansalone de San Esteban e Tomás Hyoji de San Jacinto e ad altri 68 cristiani. Morì perdonando i suoi carnefici. Le sue ceneri furono gettate in mare.
I biografi la descrivono come «un esempio per tutti i cristiani di Ômura». La sua casa era un rifugio per missionari e cristiani e un luogo dove si celebrava l’Eucaristia e si amministravano i sacramenti. Padre Jordan la descriveva così: «la donna più coraggiosa e santa che il Giappone abbia mai avuto».
Per procedere alla sua elevazione agli onori degli altari Marina fu aggregata ad un gruppo complessivo di sedici martiri domenicani di varie nazionalità, tutti uccisi in terra giapponese, capeggiati da Lorenzo Ruiz, primo santo di origini filippine. Il gruppo fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 18 febbraio 1981 a Manila nelle Filippine e canonizzato a Roma dal medesimo pontefice il 18 ottobre 1987.
Mentre la commemorazione della singola Santa Marina di Ômura ricorre nel Martyrologium Romanum nell’anniversario del suo martirio, la festa collettiva di questo gruppo di martiri è fissata dal calendario liturgico al 28 settembre.